INTRODUZIONE

La nostra scuola primaria ha sempre dedicato all'alfabetizzazione linguistica molta parte del suo tempo.
I bambini trascorrono scrivendo e leggendo la quantità più consistente del lavoro in classe, sistematicamente, tutti i giorni fin dal primo giorno della prima elementare.
I loro testi scritti vengono usati come fondamentale metro di valutazione delle capacità linguistiche e cognitive.
Nel 1985 sono stati introdotti nella scuola i nuovi Programmi Didattici nazionali (d'ora in avanti PD) che nell'area linguistica hanno fatto tesoro delle ricerche, inizialmente stimolate dalla psicologia cognitivista, in atto da qualche decennio soprattutto nei Paesi anglosassoni; le differenze di impostazione con i precedenti Programmi del 1955 (che esaltavano la persona "che scrive come parla e parla come scrive"), sono evidenti e rivoluzionarie già nelle dichiarazioni generali: "La lingua è uno strumento del pensiero... è un mezzo per stabilire un rapporto sociale ... è espressione di pensieri, sentimenti, stati d'animo ... è un oggetto culturale che ha come sue dimensioni quella del tempo storico, dello spazio geografico, dello spessore sociale ...).
Tuttavia, a queste osservazioni di principio sacrosante non seguiva una esplicitazione in chiave operativa, la qual cosa ha consentito talvolta interpretazioni del testo all'interno di vecchi schemi oppure modifiche in buona parte "cosmetiche".

 

Lo stato dei fatti

Possiamo tentare due considerazioni su aspetti del processo di insegnamento-apprendimento che sono sotto gli occhi di tutti, addetti ai lavori (insegnanti, direttori, pedagogisti, ricercatori, ecc.) e soggetti interessati (alunni e genitori):

-negli itinerari scolastici manca spesso per i bambini l'elemento del "piacere", il piacere di leggere e il piacere di scrivere. Lettura e scrittura sono legate nella scuola all'idea del dovere e dell'impegno razionale, mentre è clamorosamente assente quella dimensione emotiva e (appunto) del piacere, che guida fin dalla nascita tutte le conoscenze e le abilità dei bambini.
Di conseguenza, molte volte, anche dopo aver raggiunto un buon grado di alfabetizzazione, gli alunni non sono per niente interessati a leggere e a scrivere per scelta personale; i libri letti a scuola per dovere (e per questo mai amati) sono spesso gli unici libri che i ragazzi conoscono; i temi e i riassunti diretti all'insegnante per anni ricordano lunghi momenti di noia e/o di difficoltà.
Ufficialmente sanno leggere e scrivere, ma nella realtà non sanno che farsene, perchè non riescono a vedere alcun possibile piacere in queste due attività;

-le abilità linguistiche raggiunte in otto anni (almeno, dalla scuola elementare alla media) di pratiche continue di lettura e scrittura sono statisticamente a livelli molto bassi e non consentono di svolgere con sicurezza alcune operazioni fondamentali nella nostra società, come leggere un orario ferroviario, scrivere una lettera formale, prendere appunti in un convegno o compilare un modulo bancario.

 

Le cause

Le cause di questo stato di cose appartengono sia al mondo della scuola che a quello dell'extrascuola, sono diverse, complesse e non è questa la sede per una loro analisi approfondita.
Possiamo solo accennarne alcune che abbiamo usato come ipotesi di lavoro:

-a scuola, di norma, gli alunni continuano a scrivere e leggere con l'unico, dichiarato obiettivo di imparare a scrivere e leggere, in un rapporto esclusivo con l'insegnante-guida; i loro testi sono diretti a lui come unico destinatario e sono elaborati (di solito in una singola sessione di lavoro) per essere corretti e valutati.
Mancano, insomma, proprio quegli elementi che sono necessari agli scrittori adulti per indurli a prendere carta e penna: dei fini significativi, con qualcosa di importante e personale da dire e qualcuno a cui dirlo che sia realmente interessato.
Raffaele Simone, tra gli altri, ha scritto in proposito: "... (nella scuola) l'alfabetismo viene presentato soprattutto come tecnica grafica, come puro mezzo di trascrizione del parlato ..., senza alcun riferimento al suo sfondo antropologico, al suo valore di scoperta evolutiva fondamentale, che ha avuto per la specie umana nè più nè meno il significato di una rivoluzione culturale ... . I bambini si abituano, di fatto, a considerare l'alfabeto come un'idea fissa dell'insegnante, e non riescono affatto a vedervi una delle scoperte essenziali dell'evoluzione dell'uomo verso la cultura; e si abituano corrispondentemente a considerare lo scrivere come un montaggio di frasi fatte, e non come una modalità capitale per lo sviluppo analitico dei significati." ;

-scrivere e leggere secondo alcuni sono attività sempre meno necessarie nella nostra società, contrassegnata dalla dominanza dell'immagine elettronica che si propone come fonte di conoscenze direttamente alternativa a quella della scuola.
Simone, sempre nello stesso saggio, continua: "... il principale nemico dell'alfabeto, oggi, non solo in Italia ma in tutto il mondo, è il dilagare dell'immagine, del visivo, che costituisce per i giovani di oggi una fonte di sapere e di cultura non meno importante di quel che, una generazione fa, poteva essere l'alfabeto".
Simone traccia il profilo di due modelli di intelligenza, il sequenziale e il simultaneo, ai quali fa corrispondere due modelli di cultura e di formazione delle conoscenze: "... Il modello di acquisizione delle conoscenze sottostante alla tradizione alfabetica (e gutemberghiana) è ... tipicamente sequenziale: la formulazione del sapere sotto forma scritta, e il suo recupero attraverso la lettura sono possibili solo a condizione di operare complesse serie di trasposizioni dall'ordine simultaneo a quello sequenziale e (per la lettura) viceversa".
Ma oggi "... una parte notevole della cultura ..., specialmente di quella che costituisce la fonte principale delle conoscenze dei giovani, è invece caratterizzata dalla simultaneità, dalla mancanza di pianificazione, dall'assenza di strutturazione. ... la prepotenza della dimensione visiva, la diffusione mondiale della "cultura della modernizzazione" sono segnali univoci del graduale arretrare della successività e del corrispondente avanzare di modelli di intelligenza non pianificata".

 

La scrittura nel telefono

Ma è poi vero il ripudio totale della lingua scritta da parte della società dei massmedia?

Proviamo a cercarne qualche traccia nei soggetti tecnologici che sono considerati nello stesso tempo cause scatenanti e simboli tangibili del pensiero "neoanalfabeta": il karaoke, i videogiochi, il telefono.

1 - Lo straordinario successo del karaoke televisivo ha creato, accanto alle sterminate masse dei suoi fervidi cultori, un movimento di opposizione altrettanto vasto, meno chiassoso ma non meno categorico nella sua convinzione primaria: il fenomeno del karaoke rappresenta la negazione dei valori della cultura alfabetizzata occidentale. Quello che generalmente non viene osservato sia dai primi sia dai secondi è che il meccanismo di funzionamento principale del karaoke, per ironia della sorte, è basato sulla lettura di un testo scritto.
La televisione mostra da decenni cantanti (professionisti e dilettanti) che si esibiscono, senza che la cosa susciti smodati entusiasmi.
Qual è l'elemento che trasforma una normale performance nel famigerato karaoke, innescando "pavlovianamente" il meccanismo della partecipazione? Il testo scritto della canzone, proposto sullo schermo in modo ritmico e continuato, condiviso sia dal personaggio televisivo che dallo spettatore casalingo: si canta perchè si legge, se non ci fosse l'attrazione delle scritte il karaoke non esisterebbe (o sarebbe molto simile ad un'altra trasmissione berlusconiana, La Corrida).

2 - Molti dei videogiochi "adventure", che generalmente rappresentano il punto di arrivo negli interessi dei ragazzi, offrono, a saperli guardare senza pregiudizi, buoni elementi di riflessione.
In edicola, per esempio, potete trovare i "Time Runners", "i corridori del tempo", il primo vg prodotto e distribuito da una casa editrice di livello nazionale attiva nel settore scolastico. Si tratta di una vera e propria saga, in cui tre ragazzi si scontrano (con appuntamenti quindicinali) contro i perfidi Skunks, che sono cyborg provenienti dal futuro. In questo, come in molti altri videogiochi adventure, lo scritto è sempre presente sullo schermo come chiave fondamentale per la comprensione e l'organizzazione dei nodi narrativi, attraverso i dialoghi, i testi narrativi e/o informativi. Vicino ai "Time Runners", sempre in edicola, ci sono altre prove del rapporto fra schermi, gioco e scrittura.
Decine e decine di riviste e fascicoli rivolti ai giovani che parlano di vg, corsi con dischetto e manuale operativo, accanto a libri, veri e propri libri per ragazzi con centinaia di pagine che offrono ai giocatori indicazioni e tecniche per superare le difficoltà che si presentano mano a mano.
Ogni libro si occupa solo di alcuni giochi e li descrive accuratamente lungo tutte le fasi; così, per esempio, chi sia interessato al vg Dino City può approfondire le sue conoscenze con ben trenta pagine di testi scritti; se invece volete saperne di più su Krusty's Super Fun House avete 62 (sessantadue!) pagine da leggere. E senza che nessuno vi costringa a farlo.
Se questi libri sono distribuiti in edicola e non in libreria vuol dire che mirano ad una distribuzione capillare, che le vendite, titolo dopo titolo, possono essere più o meno buone ma in ogni caso vanno incontro ad una richiesta diffusa. Vuol dire che alcuni ragazzi (e forse molti ragazzi) li cercano, li comprano e li leggono per loro libera scelta; forse non leggono tutto il libro, forse leggono solo le descrizioni dei giochi che possiedono; magari prestano il libro a qualche amico, ne citano le pagine, verificano le informazioni mentre giocano davanti allo schermo.
Non vogliamo discutere qui della qualità linguistica di quello che viene letto sullo schermo del computer o nella "letteratura" che accompagna i vg, e neanche sottovalutare le differenze fra un testo narrativo di Calvino e le conversazioni sgangherate degli eroi del joystick.
Ci interessa invece osservare che, anche nel barbarico mondo dei vg, i giovani sono coinvolti comunque, per piacere e/o per interesse, nella lettura di testi scritti (talvolta di notevole complessità), che costituisce un elemento portante del gioco.

3 - Parliamo anche del telefono, o meglio della sua appendice oggi più diffusa, la segreteria telefonica.
Vi è mai capitato di incontrare senza preavviso un messaggio preregistrato al posto della viva voce dell'interlocutore, e di essere presi dal panico tanto da abbassare freneticamente la cornetta e dileguarvi alla chetichella? E' una situazione nella quale tutti, prima o poi, siamo passati e, anche se l'esperienza di parlare con una macchina è sempre più frequente, non per questo diventa meno fastidiosa. Ma perchè, se affidare un messaggio ad una segreteria telefonica è un semplice atto verbale?
In realtà, quello che ci viene chiesto attraverso la frase rituale "parlate dopo il segnale acustico", è molto di più e molto diverso dal semplice parlare: si tratta di strutturare e scrivere mentalmente in pochi secondi un breve testo informativo, e di recitarlo subito secondo un ordine preciso e senza ambiguità.
Se analizziamo bene gli elementi del messaggio telefonico troviamo che nella sostanza sono identici, uno ad uno, a quelli necessari per elaborare testi scritti: lo spazio-tempo limitato, l'impossibilità di correzione successiva, la necessità di fornire elementi chiari per una comprensione senza equivoci, l'organizzazione dei contenuti fatta sempre individualmente ed ex novo, senza potersi "appoggiare" agli interventi altrui come capita nel discorso orale. Sono fisicamente differenti gli elementi principali (la voce al posto della penna, il nastro audio al posto della pagina), ma le funzioni e i processi che si attivano sono molto più legati alla scrittura che all'oralità.

Abbiamo accennato ad alcune situazioni in cui oggi lettura e scrittura si intrecciano con le macchine elettroniche. Si tratta di letture e scritture molto particolari, senza lo spazio autonomo che avevano in tempi passati, che usano canali, supporti e modalità difficili da interpretare in maniera univoca.
C'è un'integrazione degli elementi di cui da millenni l'uomo si serve per comunicare: lo scritto, l'immagine, l'oralità, tutti e tre con ruoli profondamente diversi da quelli consueti, quando agivano in modo indipendente l'uno dall'altro, tutti e tre presenti in uno spazio culturale molto articolato e consistente, in cui la scrittura mantiene ancora un ruolo da protagonista.
E' (meglio, dovrebbe essere) compito fondamentale della scuola primaria quello di fornire agli alunni gli strumenti per potersi orientare in una situazione di multimedialità estremamente confusa ma in potenza molto ricca, che ha un peso sempre maggiore e sempre più invadente nei loro itinerari conoscitivi.

E allora?

Abbiamo delineato brevemente gli scenari che oggi fanno da sfondo ai processi di insegnamento della lingua scritta, e nei quali noi maestri ci troviamo ad operare, volenti o nolenti.
Anche dall'analisi delle loro caratteristiche, dei loro limiti e potenzialità, nascono quelle che possiamo definire le idee "forti" degli itinerari di lavoro proposti nel libro:

E' necessario che le attività di lettura e scrittura in classe vengano strutturate all'interno di progetti di ampio respiro, che siano funzionali al raggiungimento di qualche obiettivo pratico, significativo e semplice da comprendere per il bambino (per esempio, sto scrivendo un biglietto per comunicare qualcosa di importante al mio compagno, a mia madre, agli alunni della classe accanto; sto leggendo questo brano per sapere quando devo innaffiare la pianta sul davanzale, oppure quando festeggia il compleanno Claudia; parlo sul giornalino di classe del mio cartone animato preferito per farlo conoscere anche agli altri, e così via).

E' utile tenere sempre presenti le competenze linguistiche e cognitive che il bambino ha già accumulato prima di entrare a scuola, attraverso giornalini e giocattoli, pubblicità cartellonistiche e televisive, cartoni animati e videogiochi, in modo da far interagire vantaggiosamente i due curricoli, quello scolastico "ufficiale" e quello alternativo, "massmediologico". La cultura orale primaria in cui il bambino è immerso nei primissimi anni di vita è oggi "contaminata" da numerosi elementi di alfabetizzazione, disordinati ma ricchi di potenzialità, che potrebbero costituire un ottimo punto di partenza verso un uso maturo e consapevole della lingua scritta.

L'errore è un momento fondamentale del processo d'apprendimento linguistico, e non un bubbone da estirpare ed esorcizzare con la forza. Il bambino impara tutto quello che gli è necessario prima di entrare a scuola da solo, senza alcun insegnamento formale, attraverso un metodo per prove ed errori che è lo stesso metodo alla base del pensiero scientifico moderno.
Attraverso il gioco egli fa continuamente delle ipotesi (su se stesso, sulle sue capacità, sulla natura del mondo che lo circonda) e le mette poi alla prova. In questo modo impara a camminare, a comunicare oralmente con gli altri, a mettere in atto comportamenti sociali. La scuola, drasticamente, gli impone di rivoluzionare le sue tecniche di conoscenza: -la fase dell'apprendimento è diretta e fisiologica conseguenza della fase dell'insegnamento, che è a sua volta un insegnamento di tipo atomistico, dalle parti al tutto (prima si devono conoscere analiticamente gli elementi che compongono la frase, poi si può cominciare a elaborare testi interi); -l'errore, durante la lettura di un brano o l'elaborazione di un testo scritto, è (appunto) un errore, una devianza dalla norma linguistica che come tale non può essere accettata e va rimossa.

L'insegnante è -dovrebbe essere- un "modello" in azione, un modello di scrittore e un modello di lettore (da non confondere con scrittore-modello o lettore-modello, che sono altra cosa e che qui non ci interessano).
La nostra scuola impegna i bambini in attività di lettura e scrittura per gran parte del loro tempo scolastico ma, paradossalmente, non mostra mai adulti impegnati nell'elaborazione di un testo e molto raramente adulti lettori (in genere raccontiamo loro qualche fiaba solo nelle prime classi, per abbandonare in seguito la pratica travolti dagli impegni del "programma" didattico).
Questa mancanza di un modello concreto, di un preciso punto di riferimento proprio nell'area linguistica che è il più delicato e complesso degli apprendimenti scolastici, ha dell'assurdo: per insegnare ai nostri figli ad andare in bicicletta noi mostriamo loro qualcuno che sta effettivamente pedalando in sella ad una bicicletta, e/o ci facciamo vedere mentre mimiamo l'atto del pedalare; allo stesso modo ci comportiamo quando vogliamo insegnare a nuotare o a recitare una poesia.
Per leggere e scrivere a scuola, invece, non si pensa che dei modelli reali di scrittura e lettura siano necessari.

Quand'è che un alunno vede il suo maestro scrivere, elaborare un testo davanti ai suoi occhi attraversando tutte le fasi che l'elaborazione comporta?

Quando lo ascolta (e lo vede) leggere ad alta voce un racconto, recitare una poesia, cercare informazioni in un articolo di giornale?

 

INDICE


Imparare a leggere e a scrivere
Itinerari linguistici nel secondo ciclo della scuola elementare
Luca Vitali

 

Introduzione

Parte prima
Leggere

 

1. Il ruolo della punteggiatura nella lettura
2. A caccia di informazioni su testi di vario genere
3. Il testo narrativo
4. Il cloze, ovvero la lettura con i buchi
5. Il piacere di leggere: il libro e i suoi dintorni
6. Il linguaggio dei fumetti
7. Leggere poesie
8. Il giornale


Parte seconda
Scrivere

Premessa
1. Scrivere storie
2. Il riassunto
3. Il tema
4. Prendere appunti
5. Scrivere in rima
6. Pubblicare libri e giornalini
7. Scrivere con il computer


Parte terza
Testi da scolpire

1. Solide letture


bibliografia