BANDINELLI
VA VELOCE
I
sette vecchietti in prima fila probabilmente avevano votato l'ultima
volta nel referendum monarchia - repubblica del 1946; dietro di loro,
concentrate sui cellulari, le badanti, che però non contavano
come uditorio. -Chiamo ora sul palco il caporal maggiore Matteo Baldinelli, il secondo dei valorosi soldati sopravvissuti agli orrori dello Stalag III C a Kostrzyn, dal 9 settembre 1943 al giugno 1945. Una delle badanti in seconda fila si alzò di scatto, sgomitò tra le altre e andò a piazzarsi davanti a quello che sembrava il più malandato dei sette residuati bellici (aggettivo estremamente adatto all'occasione), uno scricciolo d'uomo con la sua brava mascherina per l'ossigeno a nascondergli il volto. La
donna lo fece alzare energicamente, si mise a tracolla la bomboletta
dell'ossigeno e lo spinse verso il palco. Arrivato con passi incerti
davanti all'assessore, il caporal maggiore Bandinelli fu fermato con
un piccolo, efficiente strattone; rimase lì, lo sguardo incerto
e impaurito, il braccio destro in preda a un tremito incontrollato. -Caporal maggiore Baldinelli, anche con lei oggi l'Amministrazione Comunale di Gambettola cerca di squarciare il velo dell'oblio che ha impedito alle nuove generazioni di conoscere le gesta, gli eroismi e le sofferenze che hanno caratterizzato la vostra prigionia nel campo di Kostrzyn per quasi due anni. Prese
la medaglietta e passò il nastrino intorno al collo del Baldinelli. |
L'assessore
aveva lo sguardo sbarrato, la bocca aperta in una smorfia di incredulità. -Lo sai quanti chilometri ci sono tra Kostrzyn e Gambettola eh? 1229 chilometri, ci sono. E lo sai quanti giorni ci ho messo per tornare a casa, quando i tedeschi sono scappati dal campo? 18 giorni ci ho messo, 18. Ho fatto 70 chilometri al giorno, con le scarpe rotte, senza lacci, senza niente da mangiare, buttandomi nei fossi appena sentivo rumore di motori lungo la strada 70 chilometri al giorno. Ora lo sai no? Il Bandinelli si interruppe, lo sguardo nel vuoto nello sforzo di ricordare, la mano tremante sempre serrata su quella dell'assessore. -Veramente, eravamo in due a scappare da Kostrzyn l'altro non lo conoscevo, quelli della baracca 27 non li facevano mai uscire comunque vedo che questo viene insieme a me lungo la strada, e dopo un giorno facciamo tutti e due le stesse cose, cerchiamo la frutta, rubiamo pomodori e patate nei campi, dormiamo vicini, ci diamo l'allarme se vediamo qualche soldato non parlavamo mai non c'era niente da dirci. Dopo quattro giorni siamo fortunati: davanti a una casa vediamo una bicicletta da donna, vecchia, le gomme sgonfie, ci guardiamo intorno, non vediamo nessuno, io salgo sopra e scappiamo via, io in bici e lui di corsa dietro. Dopo un chilometro mi fermo e lui mi raggiunge, tutto sudato. Da quel giorno ci diamo il cambio, uno in bici, l'altro a piedi, e poi cambio non andiamo veloci, la bici è vecchia e piccola però ci si stanca di meno così... L'assessore approfittò della pausa per cercare di riprendere il controllo della situazione. -Veramente molto interessante, signor Bandinelli, e quindi siete tornati in Italia in questo modo, pedalando e camminando. Grazie della sua preziosa testimonianza, e ora vorrei chiamare sul palco -
Io non ho finito, tu non hai capito niente, fammi finire di raccontare
- lo interruppe il Bandinelli con forza, alzando la voce roca. - Dopo tre giorni, eravamo stanchi morti. Passiamo per un paese distrutto dai bombardamenti, di notte per non farci vedere; quell'altro all'improvviso si ferma, scompare dietro una casa, zitto zitto, e torna dopo un minuto reggendo una bicicletta. Era da uomo, bellissima, quasi nuova, anche con la pompa. Andiamo via dal paese con le due biciclette, tutti contenti: avevamo finito di camminare. Abbiamo cominciato a pedalare tutti e due, solo che quello con la nuova bici doveva sempre aspettare l'altro. Ci davamo il cambio ogni 3-4 ore, così dopo qualche giorno siamo arrivati in Austria e sono cominciate le salite. Solo che quell'altro era più debole di me, soffriva tanto e si doveva fermare sempre, aveva la diarrea, il sellino gli faceva sanguinare le emorroidi, insomma stavamo sempre fermi. Il caporal maggiore si fermò un attimo a contemplare il ricordo, l'ombra di una smorfia furba sul viso. -Insomma, io sentivo quasi aria di casa, mi ero stancato, non era colpa mia se lui stava male e c'erano tutte quelle salite , gli avevo dato la bici migliore ma lui si fermava sempre, tutto dolorante un giorno in montagna, abbiamo passato un paesino, si chiamava Fritzens mi sembra, lui si ferma, dice che gli sanguina il sedere, che si deve riposare, si butta sotto un alberello e dopo due minuti è lì che dorme della grossa io non ci ho visto più, mi ero stufato, quello era una palla al piede stavo lì a pensare che fare quando comincio a sentire il rumore di un motore, era un camion che stava venendo su per i tornanti dietro di noi. Ho guardato quello che russava, distrutto dalla fatica, i pantaloni tutti insanguinati e l'ho fatto: sono montato sulla bicicletta buona e l'ho lasciato lì, ho cominciato a pedalare forte, sempre più forte, sempre più forte, mi sentivo un leone, se stavo al giro d'Italia vincevo la tappa, sicuro. Ho pedalato per tre ore senza mai fermarmi e poi sono arrivato Un urlo
improvviso dal fondo della sala, tutti gli occhi si spostano da quella
parte, a cercare chi grida. Uno dei sei vecchietti si è alzato
e sta sbraitando, il braccio proteso verso il Bandinelli, il viso nascosto
dalla mascherina, gli occhi due fulmini che scintillano rabbia repressa. La badante
si districa dalle sedie e cerca di avvicinarsi, ma la situazione precipita
in un attimo. Il braccio
destro, ormai immobile, è sempre puntato implacabile verso il
caporal maggiore ciclista Matteo Bandinelli. |